Timilìa
1 kg
Farina integrale di grano duro biologico
Grano antico siciliano macinato a pietra
Il grano duro Timilìa (o Tumminìa) è tra le varietà più antiche della Sicilia. Ne parla persino Teofrasto (322 a. C.) e Plinio il Vecchio (23-79 d.C).
È stato per secoli considerato il “grano dei contadini”, perché essendo un grano tardivo, veniva seminato dopo aver finito di lavorare i campi “dei padroni” ed era perciò destinato alla dispensa familiare.
In campo è una vera forza: supera bene i periodi di siccità e resiste molto bene alle infestanti. Essendo un grano antico non è modificato geneticamente e per coltivarlo non servono concimi, né diserbanti. Presenta un indice di glutine molto debole. È naturalmente ricco di polifenoli e, grazie anche al clima favorevole non contiene micotossine.
Tradizionalmente veniva usato per fare il pane, che prende una colorazione bruna, prerogativa del “pane nero di Castelvetrano”.
Oggi la Timilìa viene riconosciuto un grano prezioso da custodire e a noi, agricoltori di Valdibella, è stato assegnato il titolo di “agricoltore custode” (decreto ministeriale del 5 marzo 2018). Questo comporta destinare dei campi di custodia dei semi, affinché questo patrimonio che sopravvive da millenni alla nostra modernità continui per un tempo più lungo possibile.
Questa non vuole essere l’ennesima ricetta sul pane. Perché il pane non è mai solo una ricetta. È un metodo, impone un tempo, delle pause e delle riprese, ma soprattutto una predisposizione alla cura e alla lentezza. È un modus operandi, insomma. Quindi ci perdonerete se questo articolo non indicherà il valore “W” della farina (forza del glutine), o la percentuale di idratazione, e tante altre informazioni che fanno felici le menti più metodiche.
Ma allora con le decine di metodi che circolano perché proporvela? Semplicemente per rendervi partecipi del modo di fare il pane dalle nostre parti. O meglio com’era dalle nostre parti…
Basti solo pensare che nelle case del Belìce, fino a poco più cinquant’anni fa, quasi ogni casa aveva un forno a legna in muratura. E non si parla di case molto grandi, tutt’altro. Ma il forno c’era, e non si discuteva. Così come non si discuteva che un giorno della settimana era dedicato alla lavorazione del pane. Ogni famiglia aveva il proprio giorno dedicato, ma nessuna la domenica. Così ogni lavorazione presupponeva un impasto di almeno dieci chili di farina, tutto rigorosamente a mano. Ogni tanto qualche vicina “tuppuliava” (bussava) per chiedere in prestito ‘a livatina (il lievito madre), che puntualmente restituiva.
Poi il terremoto del ’68 stravolse completamente l’ordine quotidiano delle cose, e fare il pane divenne più complicato. A questo si aggiunse che si diffuse sempre più capillarmente l’uso del “medicinale” ossia il lievito instantaneo e tutto cambiò…
Negli ultimi anni invece assistiamo a un’inversione di rotta, grazie alla tenacia di qualche panificatore domestico che, seppure è cresciuto con il panettiere sotto casa, si è ritrovato in questa pratica antica. Da parte nostra, possiamo dirvi che ci è sembrato un modo di prenderci cura meglio di noi e delle nostre famiglie. Certo, quei dieci chili di impasto ci sembrano leggendari; il nostro chiletto settimanale basta e avanza…
Ringraziamo la signora Vita (82 anni e migliaia di chili di pane impastati) che si è prestata a ricordare insieme a noi il suo vissuto.
Ingredienti per 1,5 kg (circa) di pane
Per il lievito
50 gr di lievito madre;
200 gr di farina di grano tenero (noi usiamo la Maiorca)
150 ml di acqua
Per l’impasto
1 kg di farina di grano duro (in genere a noi piace miscelare con farine diverse ma non vi nascondiamo che preferiamo il mix di 70% Perciasacchi e 30% Timilìa).
700 ml di acqua;
il lievito ottenuto;
2 cucchiaini di sale.
Vista la tempistica vi consigliamo di cominciare il processo la sera prima.
Per il lievito: In una ciotola, meglio se di vetro per vedere meglio l’evouzione, unite i 50 gr di lievito (che avrete fatto tornare a temperatura ambiente se lo tenete in frigo) alla farina e all’acqua. Amalgamate bene e coprite con un panno o della pellicola.
Lasciate riposare per 12 ore.
Per l’impasto: trascorse le dodici ore, unite gli ingrendienti tranne il sale. Impastate ben bene, fino a quando la maglia del glutine è ben formata (l’impasto deve essere abbastanza elastico). Infine unite il sale e impastate per inserirlo completamente.
Quindi riponete l’impasto nel contenitore di cottura (noi usiamo a bordi alti, così il pane, costretto, aumenta il suo volume in altezza) e lasciatelo riposare per due ore (questo tempo può oscillare dall’ora e mezza alle due ore e mezza rispetto alla temperatura esterna).
Poi in forno ben caldo per 45 minuti a 210° (questi sono i parametri del nostro forno di casa, ma regolatevi con il vostro).
Il pane si conserva un’intera settimana, avvolto in un panno di lino o cotone.
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